mercoledì 30 aprile 2008

Saluti...


Fino a domenica, lo Spilucchino si trasferisce qui (proprio in quell'angolino a sinistra, a margine della foto).

Tanti cari saluti a tutti,

Virginia

martedì 29 aprile 2008

Crackers a lievitazione naturale...

...ovvero, un altro modo per non buttare il rinfresco.
La ricetta si ispira a quella delle sorelle Simili ma che, per comodità, è stata privata dello strutto.
Devo dire che non assomigliano molto ai crackers cui noi pensiamo, sono piuttosto più simili alle streghe o a dei "crostini".
Sono anche belli tosti a livello di grassi, quindi chiamarli crackers forse non è proprio la loro.
Io li ho serviti accompagnati a delle mousse come antipasto.
Sono molto stuzzicanti, uno tira l'altro...


Crackers a lievitazione naturale

300 g lievito madre rinfrescato dalla sera prima
60 g burro morbido
30 g olio (per me, al rosmarino)
250 g farina
120 ml acqua
2 cucchiaini di sale

Fare la fontana con la farina, mettervi al centro il lievito a pezzetti, i grassi e il sale. Aggiungere l’acqua, sciogliere il tutto e amalgamare bene, lavorando per almeno 8-10’: la pasta dovrà risultare non troppo soda. Lasciarla lievitare per 3-4 h, finché si sarà un poco gonfiata. Tirarla molto sottile, tagliarla in piccoli quadrati o rettangoli, bucherellarli con i rebbi di una forchetta e cuocerli in forno a 190 °C per 10’. Volendo si può cospargerne la superficie con sale grosso o con semi di sesamo, papavero o finocchio. I semi possono anche essere aggiunti all’impasto.

lunedì 28 aprile 2008

Biscottini alle mandorle


Dopo aver sfornato mille milioni di colombe per Pasqua, mi sono ritrovata con altrettanti albumi da smaltire (tuttora devo averne una decina surgelati), così tra frittate e impanature varie, ho cercato il modo di eliminarli. Questi biscotti, trovati qui, sono davvero un ottima soluzione.
Assomigliano un po' alle lingue di gatto, ma sono, forse, più burrosi. La frutta secca superficiale può essere, ovviamente, variata e si possono aggiungere delle spezie all'impasto.
Questa la versione base:


Biscottini alle mandorle

4 albumi
300g farina 00
300g zucchero a velo
260g di burro
la scorza di 1 limone grattugiata
1 bustina di vanillina
mandorle

Iniziare la lavorazione montando il burro con lo zucchero a velo. Aggiungere la vanillina e la scorza di limone grattugiata. Aggiungere gli albumi, facendoli ben assorbire, uno per volta. Lavorare bene il composto fino a quando risulti liscio ed omogeneo (occorrono 20 minuti circa). Aggiungere la farina setacciata a pioggia, un po' alla volta e amalgamare bene il tutto. Mettere l'impasto nella sac à poche con bocchetta liscia e tonda, abbastanza grande. Distribuire il composto in una placca da forno sopra un foglio di carta da forno, formando dei mucchietti (come per i bignè) che si appiattiranno in cottura (distanziarli bene!).
Cuocere a 180° per 10' circa. Dopo 2-3 minuti, infilare a metà biscotto la mandorla.
Sfornare i biscotti quando la circonferenza sarà appena dorata (io ho aspettato un po' troppo).
Farli raffreddare nella teglia.

venerdì 25 aprile 2008

Sei. Autoritratto della cucina italiana d'avanguardia


Come avrete capito, qualche giorno fa il nostro critico di fiducia si è laureato.
Così ho pensato: "Quale regalo migliore di questo bel libro? Sì, sì, ottima idea, così poi mi faccio fare la recensione". E così è stato, anche perchè, i temi esposti in questo volume, hanno occupato e continuano ad occupare buona parte delle nostre conversazioni e mi sembrava opportuno, con l'espediente della recensione, coinvolgere anche voi per sapere cosa ne pensiate.
Ora cedo la parola a Phil:

In Italia si mangia bene, e questa è un’ovvietà. Ma cosa si mangia, oggi, in Italia? La domanda è tutt’altro che scontata. L’«oggi» in corsivo, poi, è dirimente: dove sta andando (o, forse, dove è andata) la cucina italiana negli ultimi anni? Non ve lo siete mai chiesti? Male! Molto male! Perché interrogarsi sul percorso che la cucina italiana ha fatto da Gualtiero Marchesi a oggi significa domandarsi del presente e del futuro dell’arte culinaria italiana, che, purtroppo, non gode della giusta fama (nemmeno tra i food bloggers, ma questo è un altro discorso). In Francia, circa mezzo milione di persone ogni anno decidono di investire in una cena d’autore: spendere una cifra tra i cento e i centocinquanta euro per mangiare bene, in un ristorante di tono, magari scambiandosi le opinioni con una piccola brigata di amici, è considerato un’esperienza che merita di essere vissuta. In Italia, invece, il numero di persone disposte a investire – denaro, tempo, aspettative – in una cena d’autore sono molte meno, non più di diecimila. È solo una questione economica? Io non credo. Altrimenti dovrebbero essere vuoti anche i negozi degli stilisti, dove una borsa fatta in serie viene venduta a cinquecento volte il suo costo di produzione, oppure non dovrebbero essere sempre pieni quei ristorantacci di moda in cui si spendono cento euro come niente, solo per vedere da vicino una velina. Eppure, tanto i negozi quanto i ristorantacci, sono meta ambìta e frequentata da molti italiani, che ci lasciano interi stipendi per sentirsi à la page. Il problema è dunque culturale. In Francia Paul Bocuse o Alain Ducasse sono delle celebrità, il cui contributo alla fama della Nazione è ampiamente riconosciuto, mentre in Italia l’ultimo cuoco ad avere avuto notorietà oltre le pareti della propria cucina e dei salotti degli addetti ai lavori è stato Vissani, non per come sta ai fornelli, ma per le sue (pessime, a mio avviso) comparsate televisive.
Dove sta andando, dunque, la cucina italiana? Un’ottima risposta, contenutisticamente ed esteticamente parlando, è il libro di Alessandra Meldolesi e Bob Noto, Sei. Autoritratto della cucina italiana d’avanguardia*, edito da Cucina e Vini (io l’ho ricevuto in regalo da Virginia, che ringrazio nuovamente). I (magnifici?) sei in questione sono alcuni dei più «avanguardisti» tra gli chef italiani: Bottura, Cedroni, Cracco, Crippa, Lopriore e Scabin. Come nota Paolo Marchi nella sua postfazione, ne mancano altri, diversi altri, da Leeman e Beck, da Alajmo a Sultano. La prefazione del volume è affidata comprensibilmente a Gualtiero Marchesi, non solo in quanto grande innovatore della cucina italiana, ma anche perché maestro, direttamente o indirettamente, dei sei cuochi. Marchesi ricorda che la cucina è sempre in mutamento e la tecnologia non è una novità: quando si iniziò a cucinare dentro «recipienti capaci di sopportare indenni il fuoco», abbandonando la brace, si mise in atto una nuova cucina. Oggi, dopo la Nouvelle Cousine e lo sdoganamento della chimica e della fisica dietro i fornelli, le cucine dei grandi chef d’avanguardia si sono trasformate, per citare ancora Marchesi, in «veri e propri laboratori scientifici». Sono quindi più che opportuni i disegni, spesso ironici, di atomi e molecole che corredano il volume.
Dove va, allora, la nuova cucina italiana? Sicuramente in due direzioni: avanti, verso il non ancora esplorato; indietro, verso la tradizione, che è sempre il punto di partenza, anche delle più ardite invenzioni gastronomiche. Per seguire questo andirivieni della creatività di Bottura&C. gli autori hanno scelto di declinare il percorso in dieci tappe, tutte decisamente azzeccate e godibili. Ne scelgo qui tre, sorvolando un po’ sul «filosofese» con cui viene affrontato il tema, davvero eccessivo per un libro di cucina (e lo dice uno che al filosofese deve molto):

ironia, è giustamente la prima tappa, perché la giocosità, la leggerezza, persino lo scherzo fanno parte della nuova cucina. Si legge (e si condivide) a pagina 015: «la cucina che ride è una cucina che si fa beffe del suo stesso repertorio, delle strutture accademiche e degli automatismi caserecci, con i loro confini invalicabili di carne e pesce, dolce e salato, raffinatezze estenuate e peccati di gola […]». Cosa questo voglia dire lo si capisce bene con la prima foto (splendida, come tutte le altre, davvero di livello altissimo), che raffigura un Magnum di foie gras di Massimo Bottura. Sì, quel Magnum, il celebre gelato. In questa rivisitazione, al posto della panna c’è del foie gras, al posto del cuore morbido di cioccolato, dell’aceto balsamico di mele del 1910, ed entrambi presentano la consueta granella di nocciole e mandorle, con tanto di stecco di legno per impugnarlo. Fantastico! E chi ha avuto la fortuna di gustarlo, dice anche buono. Oppure le Lenti a contatto al caffè con barbajada di Carlo Cracco, servite nei caratteristici contenitori da oculistica. Ha però ragione Moreno Cedroni: ridere va bene, ma non può esaurire il menù. Il piatto ironico, il calembour, sono e devono essere piacevoli intermezzi;

sua Pastità: mai titolo fu più azzeccato e provocatorio. L’Italia nel mondo è la pasta, immediatamente accostata a pizza, mandolino e mafia. Ed è così spesso anche per noi italiani: se ci chiedono di pensare a un piatto tipicamente italico, rispondiamo tutti o la pasta o la pizza. Ovviamente al pomodoro. L’italiano medio, ce lo insegna Sordi con un’immortale immagine, è colui che si siede davanti a una “cofana” di pastasciutta, impugnando minacciosamente la forchetta, pronto a tuffarcisi dentro. Ma è davvero così? Purtroppo sì. Purtroppo ancora troppe persone non concepiscono un modo meno greve di mangiare, anche la pasta. Ecco perché la Nouvelle Cousine italiana, provocatoriamente, aveva lanciato un anatema contro la pasta. A estremi mali… Oggi le cose non stanno più così, e Sei lo spiega in questo bel capitolo, da cui si evince che gli avanguardisti italici alla pasta non ci vogliono affatto rinunciare. Si potrebbero citare degli splendidi Spaghetti psichedelici di Moreno Cedroni, fatti mantecare in padella come il risotto, e conditi con diverse tipologie di crostacei, alcuni cotti fino alla modificazione della loro testura, altri aggiunti in seguito. Oppure degli stupefacenti, e anche un po’ miracolosi, spaghetti di uovo di Carlo Cracco. Non all’uovo, ma di uovo, nel senso che non c’è farina, ma uovo marinato lasciato essiccare (Cracco parla di coagulazione naturale) e ridotto a spaghetto, ovviamente di colore rosso e non giallo. Curiosità: gli spaghetti sono ottenuti passando la pasta di uovo in un distruggi documenti. Il risultato è un gioco di colori e, immaginiamo, di sapori davvero suggestivo e inusuale;

food design: il cibo richiede presentazione, che può essere ancora una volta ironica, oppure molto seria e rigorosa. Ma quello che è certo è che la presentazione, o design, non è un dato accidentale, ma sostanziale del piatto: esso è quello che rappresenta, non potrebbe essere in altra forma. Prendiamo il Riso alla marinara di Paolo Lopriore. Si presenta come un cerchio di riso con sfumature di diverso colore e totalmente privo di un solo pesce visibile: niente scampi, niente molluschi, niente di niente. Solo macchie di colore, spruzzi. Sono tutte essenze di mare: nero di seppia, bisque, purea di ostriche. Protagonista torna il riso, non il pesce. Potrebbe essere in altra forma? No, per carità: un solo scampo lo ucciderebbe.

Perfezione tecnica, ironia, azzardo, citazione e rivisitazione. Questa è la cucina d’avanguardia italiana, almeno per il lettore dei Sei. Se sia anche cuore, passione e calore, le pagine non lo dicono e non lo possono dire. Bisogna andarlo a scoprire. Non sarà economico, ma è sicuramente gratificante.

Phil


Sei. Autoritratto della cucina italiana d’avanguardia
Cucina e Vini


*Cliccando sull'immagine di copertina, potrete vedere la bella presentazione video del volume.

giovedì 24 aprile 2008

My broccoli cake

Non avrete mica pensato che sarebbe bastata la rottura della macchina fotografica per fermarmi, vero??
Ho un archivio fornitissimo di foto orrende che non ho nessuna intenzione di farvi mancare!
Basta chiudere un occhio e concentrarsi solo sulla ricetta, no?
Abbiate pietà...
Ad ogni modo, sparerò un po' di "cavolate" in questi giorni, prima che la loro stagione termini definitivamente.
Questo è stato il mio cavallo di battaglia di quest'inverno. E' nato dal broccoli cake di Rose Bakery, proposto da Sandra qualche tempo fa, col tentativo, però, di eliminarne la dose industriale di grassi presenti.
Il risultato è davvero buono.


Broccoli cake

100g di cimette di broccoli
200g farina
3 uova
100g olio evo (ma si potrebbero togliere 10-20 grammi ancora in caso di prova costume in avvicinamento)
100g latte
120g di caciocavallo grattugiato grossolanamente (o formaggio simile)
25g di nocciole (o anche più)
1 bustina di lievito per torte salate
1 bustina di zafferano in polvere
curry, coriandolo (un pizzicone, a piacere)
un pizzico di zucchero
1 foglia di alloro*
sale e pepe

Accendere il forno a 180 gradi.
Sbollentare le cimette di broccolo per 3 min in acqua bollente salata con dentro una foglia di alloro. Scolare.
Sbattere insieme con una frusta l'olio, il latte, le uova, lo zafferano, le spezie, il sale e il pepe. Amalgamare bene il tutto. Unire la farina setacciata col lievito e infine il caciocavallo e le nocciole grossolanamente tritate.
Mettere l'impasto in uno stampo per plumcake e infilarvi in mezzo le cimette di broccolo, spingendo bene fino in fondo.
Infornare a 180 gradi per 40-45 minuti.

*Non chiedetemi perché, ma è mia profonda e fondata convinzione che l'alloro disintegri buona parte dei cattivi odori prodotti dai vari cavoli in cottura.

mercoledì 23 aprile 2008

Il formaggio in cucina


Nello spolverare la libreria, mi è capitato in mano uno dei primissimi libri di cucina acquistati nella mia vita. Me lo ricordo bene, l’ho comprato con Phil, al Libraccio vicino all’Università.
Iniziavo proprio a prendere una brutta piega…
Ricordo che, entrambi grandi amanti del formaggio (io più di lui, però!), ne rimanemmo piuttosto affascinati. Contrariamente al solito, il passare del tempo non mi ha fatto perdere l’entusiasmo per questo bel volume e, anzi, oggi lo sfoglio con lo stesso stupore e la stessa passione di tre anni fa.
Sto parlando de Il formaggio in cucina. 80 ricette dolci e salate di cuochi famosi edito da Bibliotheca culinaria nel 2001.
Si tratta di una raccolta di ricette per tutte le portate, dall’antipasto al dolce, dei migliori chef italiani, in cui l’ingrediente principale è, appunto, il formaggio.
Sfogliando le prime pagine, la bella introduzione storica di Paola Salvatori accompagna il lettore nelle cucine del passato esplorando, con l’ausilio di un archivio ben fornito, i molti modi in cui il formaggio veniva utilizzato (la crosta del parmigiano era usata allora come oggi, tant’è che, tra le “ricette celebri”, vi è una zuppa in cui questo “scarto” è l’ingrediente principale).
Qualora non foste ancora convinti dell’acquisto (oggi scontato del 50%), vi segnalo, a titolo esemplificativo, qualche piatto proposto, precisando che, pur trattandosi di ricette di cuochi di professione, nell’esecuzione non presentano particolari difficoltà e, anzi, sono tutti piuttosto accessibili e stimolanti:

Antipasti: terrina di roquefort e gelatina di Sauternes con noci e pistacchi, flan di gorgonzola con sedano, mandorle e profumo di limone, budino di cipolle con zabaglione di parmigiano.

Primi: crema di cardi gobbi piemontesi e gorgonzola con topinambur croccante, ravioli bicolore con fossa e pere, passatelli con pecorino di fossa, risotto ai funghi e robiola dolce di montagna.

Secondi: caciocavallo silano impanato con carciofi e lardo, spalla di capretto con menta fresca e pecorino romano, petto di faraona con fonduta di casera e funghi porcini.

Dolci: aspic di lamponi alla menta fresca e gelato al caprino fresco, crema bruciata con formaggio di capra, sandwich di wafer con crema di ricotta e miele d’arancio.

Convinti ora?


Il formaggio in cucina. 80 ricette dolci e salate di cuochi famosi
Bibliotheca culinaria

martedì 22 aprile 2008

Rotolini con speck e asparagi


Questa è una delle ultime ricette che sono riuscita a fotografare con la mia defunta macchina...sigh!
Quando l'ho fatta vedere a Phil mi ha detto: "E' inutile che tenti di scimmiottare Bottura! (sempre buono, eh...)"
In realtà ho scimmiottato il giornalino della Slunga che, nel numero di questo mese, propone una cosa del genere.
Diciamo che mi sono limitata a cambiare un po' l'esecuzione della ricetta e, soprattutto, il nome.
L'originale dicitura propone, infatti: "Anelli con gemma verde"!
Un nome un po' più trash, no???
Vabbè, veniamo alla ricetta, che è meglio...


Rotolini con speck e asparagi

Per 4 persone:

400g di petto di tacchino a fette
50g di speck a fette
16 aspargi grandi
olio evo
sale e pepe

Per la salsa:
un goccio di panna
una bustina di zafferano

Pulire gli asparagi e lessarli.
Battere la carne e ricavarne 16 rettangoli dai contorni regolari. Appoggiarvi sopra le fette di speck e i gambi di asparagi lessati (tenendo da parte le punte per decorare il piatto). Avvolgere la carne ricavando degli involtini e fissare con spago da cucina.
Versare un paio di cucchiai di olio in una padella e cuocervi gli involtini, rigirandoli di tanto in tanto.
Salare alla fine.
Nel frattempo, scaldare un goccio
di panna e sciogliervi dentro lo zafferano.
Servire in tavola.

lunedì 21 aprile 2008

Lunedì 21 aprile: un festeggiamento!


A parte specificare che la foto è presa da internet (causa macchina fotografica rotta), volevo solo dire: bravo Phil!

Adesso che sei (ufficilamente) disoccupato, vedi di non iniziare a rompere troppo da queste parti...

Orgogliosamente (ed infattamente),

in bocca al lupo per tutto (che non vuol dire di metterti in bocca un lupo!),

la tua Maestra.

venerdì 18 aprile 2008

Limoni confit

Anche oggi un classico del web. I limoni sotto sale si sono già visti un po' dappertutto, da Kja, da Sigrid, per nominarne solo due.
Sono un classico della cucina marocchina e possono essere usati sia nelle preparazioni dolci che salate.
Ho già avuto modo di utilizzarne la scorza (che è la parte solitamente più usata) nei frollini al limone e lavanda, ma li trovo particolarmente adatti anche per tutte le cotture al sale.
Per qualche ricetta sfiziosa, guardate qui, qui, qui, qui, qui e ancora qui.
E' una preparazione che si può fare sia tagliando i limoni (ben lavati e rigorosamente bio) a fette, sia tenendoli interi e incidendoli in quattro, riempiendo i tagli col sale.
Si fanno, banalmente, adagiando i limoni in un barattolo, comprimendoli un po' con il sale e aromi a piacere. Nel mio caso, ho aggiunto qualche foglia di alloro, del pepe di Tasmania e delle roselline del Marocco.

giovedì 17 aprile 2008

Il classico e l'innovazione

Tentata dalle numerose voci entusiaste (si vedano ad es. : Comida e Fiordisale), anch'io, con l'occasione di una cena, mi sono cimentata nel mitico cake al cioccolato e fior di sale di Adrenalina.
C'è poco da dire, cioccolato e sale sono proprio nati per stare insieme (ricordo i sablès di Pierre Hermè già testati con successo). Il vicendevole scioglimento e mescolamento che avviene in bocca sprigiona al meglio tutte le sfumature sia dell'uno che dell'altro ingrediente.
E poi non se ne può più del collegamento diretto cioccolato-dolcezza. Il cioccolato, quello vero, è tutt'altro che una cosa dolce.
Oggi piove e quindi sono polemica.
Ecco.
Solo che inizio a non tollerare più luoghi comuni, ignoranza e superficialità.
E poi, cos'è il cioccolato? Com'è quello fondente? Avete mai provato a confrontare dei fondenti diversi? Ad esempio cioccolati con la stessa percentuale di cacao, ma di provenienza diversa?
Amedei, coi sui Cru, propone una degustazione davvero interessante e, perchè no, divertente.
Curiosità? Zero? Parlo forse di aria fritta?
Vabbè, ho finito.

Veniamo alla ricetta di questo bel dolce, da me, leggermente modificata (grazie Adrenalina!):


Cake al cioccolato e fior di sale

300g di cioccolato fondente al 70%
190g di zucchero
120g di burro
100g di farina
1/2 cucchiaino di lievito per dolci
5 uova
1 cucchiaino abbondante di fleur de sel

Preriscaldate il forno a 160°. Fate fondere il cioccolato a bagnomaria, unite il burro e lasciatelo sciogliere. Mescolate bene: il composto deve risultare liscio ed omogeneo. In una ciotola capiente sbattete (con la frusta elettrica) uova e zucchero sino a che diventeranno quasi bianche (almeno per 10 minuti! Il composto deve essere ben montato, come per il pan di spagna), quindi unitevi il cioccolato fuso a filo, mescolando dall'alto verso il basso. Unite a poco a poco lievito e farina spolverandoli sul composto con un setaccio mentre continuate a mescolare dall'alto verso il basso. Imburrate e infarinate uno stampo rettangolare e versatevi il composto a strati, spolverandone ognuno con pizzico di fior di sale (superficie compresa). Infornate e cuocete per un 50-60 minuti o sino a che, infilando uno stecchino nella torta, questo ne risulterà pulito.


E ora, dopo qualche anticipazione qua e là, vi mostro il mio nuovo acquisto di domenica: la salvia ananas!
Bella, no?
La salvia ananas (o salvia rutilans) è un erbacea perenne con foglie ovate, appuntite, verde chiaro, tormentose, che quando vengono spezzate, emanano un profumo simile all’ananas. I fiori, scarlatti, lunghi 2 – 3 cm, riuniti in verticillastri fogliosi, sbocciano da giugno a settembre (ma la mia è fiorita anche adesso!).

Ora vi lancio il quiz: che ci faccio?
Qualche idea ce l'ho, ma vorrei scatenare la vostra fantasia...
Mi date una mano?

mercoledì 16 aprile 2008

Pollo alla paprica dolce in crosta di sale...


...ovvero, il paradiso della ritenzione idrica!
Ieri, finalmente, mi sono decisa a provare questa ricetta spiluccata dal libro Sale & Pepe di Jody Vassallo, edito da Guido Tommasi.
Bè, immangiabile!
Troooppo salata. Va bene che il titolo dice "in crosta di sale", ma ritengo ci sia un errore di stampa. Così come la ricetta viene proposta è davvero inaffrontabile.
Certo che, rileggendo la quarta di copertina, mi viene un dubbio. Essa cita: "Adorate i cibi salati? (NO!) Usate e abusate volentieri sia del sale che del pepe? (NOO!) Questo è il vostro libro! (avrò sbagliato libro?)".
Vabbè, per fortuna ho preparato pochi bocconcini per volta e, assaggiati i primi, ho subito corretto il tiro coi restanti.
Che delusione, però! Per non parlare dell'incazzatura...
Quando non mi riesce qualcosa, ci rimango talmente male che divento davvero intrattabile (per usare un eufemismo)...
Ecco la ricetta in versione corretta:


Pollo alla paprica dolce in crosta di sale

500g petto di pollo (o tacchino)
1 cucchiaio di sale rosa dell'Himalaya (la ricetta originaria ne voleva 3!)
3 cucchiaini di paprica dolce (o 2 di peperoncino, come da ricetta)
2 cucchiaini di zucchero a velo
85g di farina di mais (fioretto)
2 albumi leggermente sbattuti
olio evo
Tagliare il pollo a bocconcini. Schiacciare grossolanamente il sale in un mortaio e versarlo in una ciotola. Aggiungere la paprica, lo zucchero, la farina di mais e mescolare bene il tutto. Immergere i pezzi di pollo negli albumi, rotolarli nel composto salato e scuoterli per eliminare quello in eccesso.
Scaldare un abbondante giro d'olio (la ricetta originaria prevede la frittura in olio di arachidi) e cuocervi i pezzi di pollo, finchè diventano croccanti e dorati. Passarli nella carta assorbente e servire.

martedì 15 aprile 2008

Un altro premio!



Che dire? Fermo restando che queste simil catene di S. Antonio non mi fanno propriamente impazzire, rimane il fatto che mi fa profondamente piacere esser stata premiata per ben due volte da due bloggers che, a mia volta, mi piacciono molto.
Quindi grazie, grazie e ancora grazie. Per me, novellina della rete, è davvero un grandissimo onore.
Grazie a Ciboulette, che di me dice: "nel suo blog ci sono tanti spunti interessanti, belle foto e ha fronteggiato con disinvoltura nientemeno che la produzione del lievito madre :-0, e nonostante cio' rimane ammirata dal mio semplice pollo... un'anima candida ed una brava cuoca!!!!".
E grazie a Parole di burro che dice -parafraso- di rimanere sempre incollata allo schermo rapita dalle delizie che preparo!

Ora, a mia volta dovrei premiare altre cinque bloggers per motivi diversi e invece il premio andrà loro per lo stesso motivo: esprimono al meglio l'essenza della cucina, che è fatta di cultura, tradizione, gusto e bellezza. Perchè tramite le loro foto e le loro descrizione emerge un kalòs che è anche agathòs, come direbbero i greci. Perchè per loro la cucina non è vuoto virtuosismo, ma è studio, impegno e cultura. E i risultati non possono che essere eccellenti.
Sulla base di quanto detto, il mio premio va (in ordine alfabetico) a Comida de mama, Cuoche dell'altro mondo, Il pranzo di Babette, Salsa di sapa e Un tocco di zenzero.

Torta di mele e rosmarino


Oggi il classico dei classici: la torta di mele.
Essa, però, è un classico sui generis, poichè non conosco altro prodotto che contempli così tante variazioni sul tema...e tutte estremamente gradevoli.
Questa è una delle mille, molto semplice, molto "melosa" e che, con l'aggiunta del rosmarino, sprigiona al meglio i suoi profumi.


Torta di mele e rosmarino

500g mele
4 uova
120g zucchero
120g di burro fuso(che ho più volte con successo sostituito con un vasetto di yogurt)
220g farina 00 setacciata
1 bustina di lievito per dolci
1 cucchiaio di foglie di rosmarino tagliuzzate
mandorle a lamelle
un pizzico di sale

Sbucciare le mele e tagliarle a fettine sottili (volendo, si possono mettere a macerare nel rum). In una terrina, sbattere i tuorli con lo zucchero, aggiungere il burro fuso, il rosmarino, il sale e la farina setacciata col lievito.
Incorporare le fettine di mela al composto.
Montare gli albumi a neve e unirli delicatamente al resto.
Versare il tutto in uno stampo imburrato e infarinato, cospargere la superficie di mandorle a lamelle e infornare a 180 gradi per 40-45 minuti.

lunedì 14 aprile 2008

Il latte crudo


E' da qualche giorno che ho inserito un link che conduce alla mappa dei distributori automatici di latte crudo in tutta Italia. Volevo parlarne più approfonditamente, anche perchè, a breve, mi cimenterò col formaggio!

Si definisce "latte crudo" il latte allo stato naturale, così com'è prodotto dalla mucca, prima ancora che esso venga pastorizzato e impacchettato.
È latte che non ha subito trattamenti termici e quindi mantiene al massimo il suo sapore, la sua genuinità e soprattutto, le sue vitamine.
Se non siete grandi bevitori di latte, potete stare tranquilli, poichè crudo si conserva 2 giorni in frigorifero (se bollito subito, anche 4-5) e potete acquistarne la quantità desiderata (non necessariamente il litro).
I distributori vengono quotidianamente riempiti e il latte rimasto viene riutilizzato per la produzione casearia.

Perché comprare il latte crudo dai distributori?

- Conserva tutte le proprietà naturali;
- È cremoso e dal gusto intenso;
- Costa meno del latte che trovi nei supermercati.

Vantaggi ambientali

- Meno camion sulle strade! Il latte crudo non viene trasportato per chilometri e chilometri, viene da produttori locali;
- Meno rifiuti! Il latte crudo non è impacchettato (puoi andarlo a prendere con la tua bottiglia in vetro, lavabile e riutilizzabile) ;
- Nessuno spreco! Il latte non erogato dai distributori dopo 24 ore viene utilizzato per fare la ricotta e altri formaggi.


http://www.milkmaps.com

venerdì 11 aprile 2008

Polpette con mandorle e timo


Spiluccando il mio Spilucchino, ho notato che le ricette di carne, nonchè i secondi scarseggiano, così, invogliata anche dal bel tempo (!), ho pensato fosse il caso di rimediare con l'ennesima ricetta facile, veloce, ma molto gustosa.


Polpette con mandorle e timo

550g carne macinata (di manzo o vitello)
30g di mandorle a lamelle
timo fresco (quantità a piacere)
30g parmigiano reggiano grattugiato
1 uovo
200g brodo vegetale
100g vino bianco
20g pangrattato (circa)
olio evo
sale e pepe

Mescolare in una terrina la carne, il timo, le lamelle di mandorla leggermente spezzettate, il sale, il pepe, il parmigiano e l’uovo.
Quando il composto sarà ben amalgamato, con le mani leggermente umide, formare tante piccole polpette (della dimensione di una noce, circa) e passarle nel pangrattato.
Scaldare due cucchiai d’olio in una padella e cuocervi dentro le polpettine per cinque minuti.
Scolare l’olio, aggiungere il vino e proseguire la cottura aggiungendo il brodo poco per volta.
Cuocere per circa 10 minuti.
A fine cottura, servire le polpette col loro sugo.

mercoledì 9 aprile 2008

Cake con caprino, albicocche e basilico

Cake con caprino, albicocche e basilico

Se ancora non si fosse capito, in questi giorni sto letteralmente impazzendo a cercare di svuotare la dispensa da prodotti che abitano con noi da troppo tempo. Così, stavolta, è stato il turno delle albicocche secche. Mi piaceva l'idea di accompagnarle a qualcosa di salato e i resti del caprino di cui sotto, facevano proprio al caso mio.

Dolce della frutta+
asprigno del formaggio di capra+
freschezza del basilico=


Cake con caprino, albicocche e basilico

200g farina 00
3 uova
100g olio evo
100g latte
100g di caprino
100g di albicocche secche
10-15 foglie di basilico
1 bustina di lievito per torte salate
mezzo cucchiaino di paprica dolce
un pizzico di zucchero
sale e pepe

Accendere il forno a 180 gradi.
Tagliare a striscioline le albicocche e il basilico.
Sbattere insieme con una frusta l'olio, il latte, le uova, la paprica, lo zucchero, il sale e il pepe. Amalgamare bene il tutto. Unire la farina setacciata col lievito e infine il caprino.
Amalgamare bene e aggiungere le albicocche e il basilico.
Mettere l'impasto in uno stampo per plumcake e infornare a 180 gradi per 35-40 minuti.

martedì 8 aprile 2008

Club sale e pepe: Bocconcini croccanti al formaggio di capra

Bocconcini con formaggio di capra

La ricetta di oggi, tratta da Sale e pepe di febbraio 2006 (che finisce, quindi, direttamente nel club), è davvero sfiziosa.
Un ottimo finger food da proporre come aperitivo e col quale ci si potrebbe sbizzarrire in quanto a ripieni. La rivista propone un semplice formaggio di capra, ma arricchire questa materia prima con erbe varie e spezie potrebbe dare numerose soddisfazioni.
Il biscotto in sè è molto buono (da proporre anche da solo) e, anch'esso, potrebbe subire innumerevoli variazioni con erbe e frutta secca di vario tipo.
Insomma, mi è proprio piaciuta come ricetta: facile, veloce e gustosa. Unico appunto: non se ne può proporre più di 1-2 a testa, perchè è piuttosto sostanzioso.


Bocconcini croccanti al formaggio di capra

Per 24 biscotti:

100g farina bianca
50g farina gialla
40g gherigli di noce in polvere + altri interi per la superficie
80g burro
un rametto di rosmarino
un tuorlo per pennellare
80g formaggio di capra (per me con le erbe)
sale e pepe

Impastare insieme la polvere di noce, le farine, le foglie di rosmarino tagliuzzate, il sale, il pepe e il burro fino ad ottenere un composto in briciole. Aggiungere 50g di acqua ghiacciata e continuare ad impastare per ottenere una palla di pasta omogenea. Avvolgerla in un foglio di pellicola e farla riposare in frigo per almeno 30 minuti.
Trascorso questo tempo, stendere la pasta ad uno spessore di mezzo cm e ricavare un numero pari di dischetti di 5cm di diametro.
Spennellarne la metà con il tuorlo d’uovo emulsionato con poche gocce di acqua fredda e disporvi sopra i gherigli di noce (anche metà gheriglio).
Cuocere a 180 gradi per 15 minuti circa. Lasciar raffreddare i dischetti, spalmare quelli senza noce col formaggio di capra e coprirli con gli altri.

lunedì 7 aprile 2008

Apple crumble

Apple crumble

L'altro giorno sono stata invitata da Ely a partecipare al meme della consolazione. Lo scopo del giochino è quello di ricercare nella memoria un cibo coccolante e consolatorio, di quelli che profumano d'infanzia e che sono la miglior cura per una giornata storta. Beh, pensa che ti ripensa, ho pensato alle mele cotte. Quelle che mangiavo sempre dalla nonna (cotte intere, al forno) o quelle della mamma, a pezzettini in pentola, con un po' di scorza di limone. Questo, forse è il mio cibo-coccola. Inutile precisare che la mia dolce metà non è esattamente della mia stessa idea, così, per poterne godere ancora, mi sono dovuta ingegnare taroccandole un po'…


Crumble di mele

per 3 persone:
2 mele medio-grandi
un goccio di vino bianco o marsala
per il crumble:
60g farina
50g burro salato
30g zucchero di canna
Sbucciare le mele e tagliarle a cubetti. Cuocerle per 10 minuti in una casseruola con un goccio di vino/marsala. Nel frattempo, accendere il forno a 180 gradi e preparare il crumble lavorando il composto di farina, zucchero e burro con le dita fino ad ottenere delle grosse briciole. Porre il composto nel frigo, intanto che le mele finiscono di cuocere. Versare le mele negli stampini e aggiungervi sopra il crumble. Cuocere per circa 40 minuti a forno statico.

E ora cedo la palla, qual'è il vostro cibo della consolazione?

venerdì 4 aprile 2008

Muffin con fichi, castagne e lavanda



Inutile dire che anche questa ricetta rientra nella rubrica della settimana.
Lo spunto viene da una preparazione proposta nel bel libro Cakes dolci e salati edito da Guido Tommasi, ma decisamente riadattata in base ai prodotti della dispensa.
Ad essere sincera ero veramente perplessa, poichè l'utilizzo della sola farina integrale non mi dava molta fiducia...e invece mi sono dovuta ricredere.
Sono dei dolcetti molto molto gradevoli, un po' rustici forse, ma buoni proprio per questo.
Un ottimo modo per eliminare anche i resti delle farine di castagne e integrale e utilizzare al meglio il nostro zucchero aromatizzato.


Muffin con fichi, castagne e lavanda

100g farina integrale
100g farina di castagne
3 uova
120g zucchero alla lavanda + 6 cucchiai
120g burro fuso
90g castagne secche
150g fichi secchi
½ bustina di lievito per dolci
1 pizzico di sale alla lavanda

Lessare le castagne in uno sciroppo di 300g d’acqua e 6 cucchiai di zucchero alla lavanda in un pentolino coperto.
Mettere a bagno i fichi affinché si reidratino (almeno un'ora prima).

In una ciotola, sbattere bene le uova con lo zucchero, aggiungere le due farine setacciate, il sale, il burro fuso e il lievito. Aggiungere le castagne fatte a pezzetti (ho inserito anche quel che restava dello sciroppo di cottura, adeguatamente filtrato) e tre quarti dei fichi a loro volta tagliati.
Versare l’impasto negli stampini e distribuire i fichi avanzati sulla superficie dei muffins.
Infornare a 180 gradi per circa 20 minuti.

giovedì 3 aprile 2008

Cake con carote e nocciole


Questa è in assoluto una delle mie ricette preferite. Innanzitutto perchè sono cresciuta a suon di Camille e qualsiasi dolce a base di carote mi fa letteralmente impazzire. In secondo luogo perchè, data la totale mancanza di burro/olio nel composto, mi illudo pure che sia dietetico.
Fatto sta che con questo cake ho capito quant'è grande lo Smaila della pasticceria: Pierre Hermè.
La ricetta, pubblicata su PH10, l'ho spiluccata dal sito del cavoletto.


Cake con carote e nocciole

tuorli 40g (circa 3)
zucchero (per i tuorli) 30g
albumi 105g (circa 3)
zucchero (per gli albumi) 35g
nocciole tostate in polvere 50g
mandorle tostate in polvere 50g (io ho usato delle lamelle grossolanamente tritate)
nocciole tostate intere 20g
carote grattugiate 70g
purea di carote 45g (partendo da 100g di carote crude)
farina 35g
buccia grattugiata di mezza arancia (io ne ho usata una intera)
lievito per dolci 1 cucchiaino scarso
sale una piccola presa (per me fleur de sel alla vaniglia)

Sbucciare 100g di carote, cuocerle al vapore e ridurre in purea (si otterranno così circa 45g).
Con una frusta mescolare i tuorli e lo zucchero finché il composto diventi chiaro. Montare gli albumi a neve e, quando saranno sodi, aggiungere man mano lo zucchero fino a ottenere una meringa. Incorporare delicatamente questa meringa al composto dei tuorli. Aggiungere le mandorle e le nocciole in polvere, le nocciole intere grossolanamente tritate, le carote grattugiate, la purea di carote e la buccia d'arancia. Aggiungere la farina, il lievito e il sale setacciati, mescolare delicatamente finché l'impasto risulti omogeneo, versare in uno stampo da plumcake imburrato e infarinato e cuocere a 170-180° per circa 45 minuti, o finché il cake sia dorato.

mercoledì 2 aprile 2008

La farinata



All'interno dell'iniziativa "Diventa anche tu una brava casalingua di primavera", ecco un altro sacchettino di farina che scompare...
Stavolta si tratta della farina di ceci, ingrediente base per la farinata.
Ora, io credo che non sia tanto importante la ricetta in termini di pesi e quantità, quanto piccoli accorgimenti appresi sul campo da liguri D.O.C. . Perchè non c'è niente da fare, per me la farinata è ligure. Non me ne voglia il "cecina fan club", ma stavolta, nella mia mente, la Toscana viene al secondo posto.

Gli accorgimenti di cui sopra sono:
- rapporto farina:acqua= 1:3
- riposo, riposo e ancora riposo dell'impasto: più sta fermo e più ci guadagna!
- forno caldissimo (bisogna cercare di avvicinarsi il più possibile alle temperature del forno a legna).

Quindi, dopo aver mescolato l'acqua con la farina (evitando la formazione dei grumi), l'ho lasciata riposare tutta la giornata, schiumando di tanto in tanto e, dopo aver unto una teglia, l'ho versata, aggiunto un ulteriore giro d'olio e un pizzico di sale, cotta fino a doratura e sfornata con l'aggiunta di una bella macinata di pepe fresco e ancora sale.
E' preferibile mangiarla calda, appena uscita dal forno.

Buonissima!
Queste sono le cose semplici che ti danno una gran soddisfazione!Per un'interessantissimo excursus storico, date
un'occhiata a questo bel post di Fiordisale.

martedì 1 aprile 2008

Frollini al limone e lavanda


...ovvero, il primo utilizzo dello zucchero alla lavanda, passando per lo svuotamento del sacchetto della farina gialla in onore delle pulizie di primavera!


Frollini al limone e lavanda

200 gr. farina gialla (fioretto)
100 gr. farina bianca
1 uovo + 1 tuorlo
1 limone (io ne ho usato uno candito)
100 gr. di zucchero alla lavanda
150 gr. di burro

Mescolate i due tipi di farina, fatevi un incavo al centro e mettetevi un uovo e un tuorlo, il burro, lo zucchero, la buccia del limone tagliata a piccoli cubetti e qualche goccia del suo succo. Formate un panetto, avvolgetelo nella pellicola e mettetelo in frigo per un'ora. Stendete poi la pasta con il mattarello ricavando una sfoglia spessa 3-4 mm. Date ai biscotti la forma che più vi piace, trasferiteli sulla placca da forno rivestita di carta da forno e cuocete a 190° per 10-12 minuti