Ebbene sì, dopo tanto desiderare, in occasione della conclusione degli esami sono finalmente riuscita ad andare a cena da Nicola Cavallaro
Al San Cristoforo. Peccato che le cose non siano andate esattamente come mi aspettavo.
Ma partiamo dal principio…
L’ambiente è carino, pulito, con le pareti verdi movimentate da maxi fotografie dal soggetto esotico, l’illuminazione azzeccata (la musica -che spazia dal latino alla pop- un po’ meno), i tavoli ben distanziati.
La tavola è guarnita da un originale centrotavola composto da un bicchiere con tre lunghissimi (e davvero deliziosi) grissini, una piccola pianta di plastica e un portalumino apparentemente dozzinale e comunque non di mio gusto.
Posate Sambonet e piatti, per lo più, di vetro lavorato (anche questi non di mio gusto, ma non per questo scadenti).
Ma veniamo alla sostanza.
Io prendo il menù
Sessantotto (che sta per altrettanti euro), Francesco (il mio fidanzato)
Cinquantotto e una bottiglia da una ventina di euro.
In attesa dei piatti (spesso, tra uno e l’altro, un po’ eccessiva, ma forse era colpa del “sabato sera”), ci viene servito un delizioso bocconcino di bufala, pomodorino e spuma di basilico e un ottimo cestino del pane.
Il personale di sala è molto gentile, sempre sorridente ed educato. Addirittura vediamo lo
chef scorrazzare tra un tavolo e l’altro a prendere la comanda e a fare premurosamente a turno gli onori di casa.
Aspettiamo con ansia che venga anche da noi (io mi ero già preparata una miriade di domande da fargli, figuratevi! Con la fama che ha Cavallaro tra i bloggers!)… peccato che non sia mai arrivato.
Eccoci agli antipasti: per me un lungo piatto rettangolare con su, a destra,
Sfoglia di gamberi rossi, mozzarella di bufala, mela verde e tartufo nero e, a sinistra,
Tartare di ricciola con pesche, olive di Gaeta e coriandolo fresco e peperoncino (tra l’altro indicati nel menù come due piatti distinti).
Chiedo subito da dove fosse meglio iniziare per gustare al meglio l’esperienza (perché “esperienza” è il termine adatto per descrivere quello che mi aspettavo). Mi suggeriscono di partire col gambero e così faccio.
Il crostaceo in questione è decisamente di qualità superiore e l’accostamento con la mela e la bufala è, senza dubbio, felice. Peccato che il tutto fosse troppo salato e questo abbia un po’ guastato la delicatezza dei sapori. Il tartufo non mi sono nemmeno accorta di averlo mangiato (il tartufo a luglio?).
Anche la
tartare era composta da ingredienti di primissima scelta e, anche qui, gli accostamenti (per altro non nuovi), erano davvero armoniosi.
Il mio fidanzato ha invece aperto la cena con una
Creme brulée al Parmigiano Reggiano con prosciutto di Carpegna. Piacevole la
creme brulèe dal sapore dolciastro, si abbinava bene alla sapidità del prosciutto (io ne ho assaggiato una mezza fetta, sarà la sfortuna, ma ne ho presa una parte un po’ secchina).
E’ poi arrivato il turno del piatto che aspettavo con più ansia, quello che prevede una particolare affumicatura a freddo, come ho letto con curiosità
qui:
Insalata di melone e anguria tonno appena scottato e foie gras.
Mi arriva il piatto composto da una pallina di melone, una di anguria, una di
foie gras e qualche fettina di tonno scottato. Ma il fumo? Mah, forse devo aver confuso piatto –mi son detta-, eppure strano, ne ho riletta la descrizione proprio prima di uscire di casa…
Ma nessuno mi dice niente e io inizio ad assaporare: ottimo il tonno. Stava molto bene col melone, un po’ meno con l’anguria ed era decisamente infastidito da
quel foie gras. Io non sono certo un’esperta, ma la sensazione era spiacevole:
quel foie gras mi “grattava sul palato” da morire!
A prescindere dai gusti (io il
foie gras lo adoro),
quello mi creava proprio una situazione spiacevole in bocca.
Nell’attesa dei primi, sgranocchio con piacere i grissini e,
dato che avevo già testato la ricetta data on line qualche anno fa, chiedo conferma sull’uso del lievito madre. Mi viene replicato che, dopo un consulto in cucina, avrei avuto risposta. Così non è avvenuto.
Ma veniamo ai primi: per me Senatore
Cappelli con aglio, olio Pianogrillo e selezione di peperoncini dal gusto davvero ottimo. Mai mangiato una “aglio e olio” così buona. Davvero eccellente nei sapori (anche qui, prodotti di primissima scelta), anche se potevano essere più al dente.
Lo stesso vale per i
Tuffoli ai 5 pomodori (confit, appassito, fresco a crudo, salsa e pomodoro verde) mangiati da Francesco nello stesso lungo piatto dei
Ravioli di coda alla vaccinara con salsa ai ricci di mare e pomodoro. Di questi non ho avuto modo di apprezzare il contrasto dei sapori perché il gusto dei ricci si imponeva con prepotenza sul tutto.
Il mio secondo,
Trancetto di ricciola, budino di mandorle, granita di nespole e spinacino, è un piatto decisamente interessante. Peccato che nel titolo venga omesso l’ingrediente in più che, a mio avviso, ha rovinato il delicato e piacevole gioco di ricciola-nespola-mandorla, ovvero la bottarga.
Sulla
Tagliata di manzetta piemontese con patate fritte e salsa tzatzichi non mi esprimo perché non l’ho assaggiata. Ad ogni modo, da quanto riportatomi da Francesco, mi sembra di aver capito che la carne abbia ricevuto, come le patate (
chips), un ottimo trattamento. Della salsa e dell’abbinamento tra i due, non so, ma mi sembrava che lui avesse qualche perplessità.
Aspettando i dolci, sento passare, diretto al tavolo dietro al mio, un piatto molto profumato…ma è il fumo dell’affumicatura a freddo! Mi volto subito incuriosita per capire di che portata si trattasse e scopro che era proprio quell’insalata di melone, anguria, tonno e
foie gras che avevo mangiato io poco prima. Non faccio in tempo a rivoltarmi che (finalmente!) si presenta Cavallaro al nostro tavolo spiegandoci che, nel mio caso, c’era stato un disguido con la macchinetta affumicatrice e che si sarebbe fatto perdonare.
Io gli rispondo, in tono ironicamente minaccioso, che “era quello che mi auguravo” e gli racconto che leggevo del funzionamento della macchina infernale proprio quella sera, prima di andare da lui.
Arrivano così i dolci (a scelta dalla carta, ma compresi nella somma totale del menù).
Della mia
Spuma di yogurt, sorbetto alla ciliegia, bavarese di banane e il cioccolato all’amarone di Giuseppe mi viene suggerito di seguire la sequenza spuma-bavarese-sorbetto (che, tra l’altro, non era di ciliegia, ma di albicocca).
Particolarmente buona la prima, non ho capito in cosa fosse legata alle altre due (a loro volta gradevoli).
Decisamente migliore la
Tegola di zucchero e pistacchi, bavarese di ricotta, sorbetto all’albicocca e scaglie di cioccolato del mio fidanzato. Un buon contrasto di sapori, temperature e consistenza, con particolare lode per la tegola e la bavarese.
Non vogliamo caffè.
Chiediamo il conto: 152 euro (matematicamente come da “listino”).
Ma non si doveva far perdonare?
Nicola Cavallaro
Ristorante Al San Cristoforo
Via Lodovico Il Moro, 11
20143 Milano
tel. 02.89.12.60.60