In questi giorni le mie attenzioni sono state rivolte alla preparazione delle prime pappe di Chiara. In genere la prima pappa è composta da un brodo di verdura, qualche cucchiaio di crema di cereali (le prime, di solito, senza glutine), un filo d’olio e un cucchiaino di grana.
Ora, sorvoliamo sul fatto che ho impiegato più di mezz’ora per riuscire a scegliere una misera carota e una banale zucchina, girandole e rimirandole neanche dovessi far da mangiare a Gualtiero Marchesi (beh, che poi non sarebbe nemmeno tanto difficile dato che il Maestro oggi dovrebbe accontentarsi di un panino…).
Ho scelto delle verdure normali, non biologiche e questo un po’ perché al biologico credo fino ad un certo punto e un po’ perché la scelta bio mi fa sentire come se chiudessi mia figlia sotto una campana di vetro, perfettamente sterilizzata e completamente avulsa dal mondo -in questo caso, della tavola- reale.
Questo per dire che non sono una di quelle mamme ipocondriache che crede ciecamente nel biologico né tantomeno una di quelle new age con il ciuccio sempre perfettamente sterilizzato e via dicendo. Penso al contrario che un po’ di “schifezzine” quotidiane aiutino la formazione degli anticorpi rafforzando la salute di mia figlia.
Ma torniamo a noi…
Dopo l’impresa della selezione delle verdure è arrivato il momento di scegliere quale crema di riso acquistare. Con una certa serenità mi sono avvicinata allo scaffale preposto e ho iniziato a vivisezionare le varie offerte tramite l’analisi dell’etichetta riportante gli ingredienti.
Qui con grande stupore ho scoperto che la maggior parte dei prodotti delle marche più note dichiara tra gli ingredienti la presenza di AROMI e/o VANILLINA. Come è noto, quando il termine “aromi” non è accompagnato da alcuna specifica (es. “naturali”) significa che si tratta di aromi di sintesi ottenuti, con l’aiuto della chimica, in laboratorio. La vanillina è uno di questi. Giusto per intendersi, la vanillina è una sostanza ottenuta nel migliore dei casi da un sottoprodotto dell’industria della lavorazione del legno (lignina), nel peggiore è figlia dell’industria petrolchimica (vedi Bressanini).
Ed è innanzi a questo panorama che mi fa sorridere l’attenzione (peraltro molto soggettiva) dedicata dai pediatri all’introduzione graduale dei vari cibi nello svezzamento onde evitare di coltivare terreni fertili per allergie/intolleranze (guai a proporre un pomodoro prima del nono mese o il latte prima dell’anno!!!) senza pensare a quali conseguenze potrebbero avere queste sostanze sull’organismo del bambino.
Ma al di là dell’aspetto salutistico della questione, tengo a soffermarmi su quello educativo. Che tipo di curiosità/senso critico volete che possano stimolare dei cibi omologati nel sapore? Come si può formare il senso del gusto quando i prodotti assaporati sono tutti appiattiti al dolce della vanillina (o chi per essa)?
Non sono qui a fare una crociata anticapitalistica, né voglio cadere in un discorso superficiale e paternalistico. Dico solo che si può scegliere e, con un po’ di attenzione, si può anche scegliere bene.
Insomma, oggi più di prima ho imparato a perdere tempo davanti alle etichette dei prodotti che compro. E voi?
lunedì 24 ottobre 2011
mercoledì 12 ottobre 2011
Le acciughe marinate del mio papà
Ormai ho capito che per mandare avanti la baracca ho bisogno del supporto di tutta la famiglia e non sto parlando solo della mia nuova vita da mamma, ma anche di questo piccolo spazio ultimamente tanto trascurato.
Ho perciò subito approfittato delle acciughe che mi ha portato a casa il papà dal mare per immortalarle velocemente e farmi dare la ricetta.
Mi rendo conto che alcuni dettagli siano un po' esosi (lo snobismo con cui mio padre afferma di non far toccare acqua dolce al pesce è quantomai adorabile) ma così è la ricetta originale e così ve la riporto.
Grazie papà!
Le acciughe marinate del mio papà
Acquistare solo prodotto che sia garantito (pescato nella notte): l'occhio dovrà
essere limpido e la carne consistente, non stanca. Il profumo di mare non deve
esserci poichè il pesce fresco non ha nessun odore.
Provvedo quindi alla sfilettatura che eseguo con apposito coltello. Il
successivo lavaggio lo effettuo in acqua di mare pulitissima (non faccio mai
toccare acqua dolce al pesce). Ripasso i filetti lavati uno ad uno controllando
visivamente che non ci sia sospetto di anisakis; durante questa operazione tolgo
dai filetti le risidue pinne dorsali. Metto quindi il pesce così pulito 45
minuti in aceto di vino bianco od incolore. Provvedo quindi a togliere l'aceto
rilavando ben bene in mare (sempre molto pulito) e lascio asciugare 15 minuti.
Condisco con olio e pepe; il sale non serve perchè sono state trattate in mare.
Si possono mangiare subito ma domani sono ancora più buone. Una variante prevede
che al posto dell'aceto vengano marinate per 10 minuti con limone e subito
mangiate senza rilavarle.
Se anzichè le acciughe o alici avete trovato solo le sarde, la marinatura in aceto durerà almeno un'ora.
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