Come forse
ricorderete, lo scorso mese ho festeggiato il mio compleanno. Quello che non sapete è COME l’ho festeggiato.
Al mattino sono stata salutata con un misterioso “
Fatti bella per stasera!” e alla sera, con grande stupore: Cracco.
Non vi dico quello che ho provato quando ho capito dove stavo andando. Un’emozione incredibile, un batticuore da cardiopalma (sì, peggio di una tredicenne al primo appuntamento!). Figuratevi, poi, quando ho scoperto che ci era stata riservata la saletta privata: quella con un unico tavolo e vetrata con vista cucina.
…e poi…
…e poi un sacco di altre cose che non si possono raccontare, ma che hanno fatto sì che quella fosse la più bella serata della mia vita.
Quello che ho mangiato è stato di gran lunga superiore rispetto alle mie già elevate aspettative e mi ha lasciata completamente soddisfatta e stupita. Lo stesso vale per il servizio: preparato e garbato, sempre alla giusta distanza (o vicinanza): una professionalità che è raro incontrare.
Mi limiterò a cercare di raccontare quello che ho provato io col menù “creativo” da 160 euro e non anche i piatti del menù dei "Classici" presi dal mio fidanzato (di cui, tra l'altro,
vi aveva già magistralmente parlato Phil).
In apertura, ci sono stati offerti la classica confezione di plastica griffata Cracco piena di
chips di verdure sottilissime ed essiccate al naturale e un piatto di
amuses bouche composto da simil-olive all’ascolana, donzelle all’acciuga, sfoglie di riso croccanti in cinque colori ( al nero di seppia, al corallo di capasanta, ecc.) e delle specie di “fonzies”, il tutto assieme ad un ottimo pane e a degli ottimi grissini.
A seguire
Foglie di mare, anguria e alici marinate: l’esplosione in bocca.
Già dal primo piatto emergono tutti i tratti della cucina cracchiana: un concerto di sapori, dai suoni nettamente decisi e distinti che si fondono magicamente nell’incontro col palato.
Con Cracco non ci sono mezzi termini. Non esiste il grigio, ma solo il bianco o il nero.
I sapori, pur convivendo e pur risuonando insieme, non si (con)fondono mai. Ognuno rimane con la propria identità. Ognuno esige di partecipare in prima persona alla sinfonia gustativa che si viene a creare in bocca.
E questo è quello che succede con la forte sapidità dell’alice (accentuata dalle foglie di mare) quando si incontra con la dolcezza e la freschezza esplosiva (quasi come una cascata) dell’anguria. Strepitoso.
E lo stesso vale per gli altri due antipasti:
Ostrica cotta al sale con fichi e burro alla salvia e
Prezzemolo, asparagi verdi e orchidea al vapore con ricci di mare.
La sapidità dell’ostrica al sale che si incontra con la dolcezza del fico, il tutto avvolto dalla morbidezza vellutata del burro da una parte e la dolcezza floreale dell’orchidea che si smorza nella sapidità dei ricci dall’altra. Stesso ragionamento, stessa capacita esplosiva e sconcertante.
Per me è poi arrivata la
Marinara di pesce in foglie con verdure croccanti: un “condensato” di pesci in fogli. Una sorta di millefoglie in cui ciascuno strato difendeva l'identità di un pesce. Diciamo l’interpretazione geniale della più classica e banale insalata di mare.
E poi lei: la
Crema bruciata all’olio di vaniglia e garusoli servita nel
taste huile di Pianogrillo. Piatto opera di Matteo Baronetto -vincitore del VI concorso internazionale di cucina con olio extra vergine d’oliva nell’ambito della manifestazione Lo Mejor de la Gastronomia di San Sebastian- che non mi dà spazio per aggettivi che le rendano sufficientemente onore. Tutta l’aromaticità della vaniglia e dell’olio d’oliva, tutta l’untuosità e la voluttà che si avvolgono per poi incontrarsi con le note iodate del garusolo…è una cosa di un’eleganza incredibile, che ti lascia senza fiato. Sicuramente uno dei picchi più alti della cena.
E poi ancora
Funghi porcini, mela con frutta secca: un’insalata dove finalemente il porcino sa di porcino e si incontra con la frutta secca in un piatto apparentemente semplice, ma dai sapori ben marcati e ben coordinati tra loro.
E ora veniamo all’unico micro tasto dolente della sera: il mitico tuorlo marinato, assaggiato in
Minestra tiepida di verdure, uova di tuorlo marinato. Una sorta di “minestrone” formato da verdure eccellenti dove ognuna sprizzava la propria personalità (mai mangiate zucchine così!) dove, assieme ai vegetali, navigavano nel brodo anche delle micro palline (allo sguardo superficiale sembravano uova di salmone) fatte, appunto, di tuorlo marinato. Il sapore era ottimo (il rosso dell’uovo all’ennesima potenza!) ma il tuorlo, imbevuto di brodo, creava una sorta di effetto
chewing gum sotto ai denti un poco spiacevole.
A seguire,
Ravioli di patate cotti sul rosmarino, rhum, uvetta e gruè di cacao: dei ravioli la cui “pasta” è formata dalla patata stessa e che ben si presentavano assieme alle note dolci-amare del condimento e il
Petto di piccione allo spiedo con salsa di peperone dolce, carote e barbabietola. Una carne lavorata a regola d’arte che si appoggiava ad un mix di verdure dolcissime lavorate altrettanto bene.
E poi un altro piatto di spicco: l’
Insalata di midollo. Semplice a dirsi, incredibile a mangiarsi. Fettine di midollo calde, accompagnate a chicchi di farro, fagiolini e pomodori verdi (una mostarda, credo)…commuovente.
E ancora
Verde di finocchio, pomodoro verde, sorbetto all’olio d’oliva. Questo predessert mi ha sconvolta per la sua perfezione. Questo piatto riusciva perfettamente nel suo scopo: quello di “pulire la bocca” in previsione dei dolci. Non ho mai assaggiato niente di simile. Niente di più funzionale.
Il fresco del sorbetto all’olio rinforzato dal finocchietto (che all’inizio sembra un po’ invasivo, poi ti rendi subito conto che si trova al punto giusto nel momento giusto) dialogano perfettamente con le note del pomodoro verde. Non so che dire: è un piatto intelligente, sembra dotato di vita propria.
E poi l’ultima coccola, garbata ed elegante, nel dolce:
Cannoli di zucchero alla liquirizia, albicocca e noci. Mini cannoli di sottilissimo zucchero alla liquirizia ripieni di albicocca e irrorati, sul momento, di un latte di noce. Di nuovo l’esplosione: lo zucchero che si fa in mille pezzi e fa scoprire l'aspra morbidezza dell’albicocca che si incontra con i toni amari delle noci. Stupendo.
Siamo alla fine. Ancora qualche assaggio di piccola pasticceria di eccellente fattura e, per chiudere il cerchio, la frutta disidratata.
Mai provata un’esperienza simile.
Ristorante Cracco-Milano
Via Victor Hugo, 4
Milano
tel. 02.87.67.74
http://www.ristorantecracco.it/