Chi mi segue su Facebook già sa che sono tornata a casa dalla montagna con un ricco bottino di lamponi. I più non hanno nemmeno fatto in tempo ad entrare in cucina, altri sono finiti in marmellata e questi si sono incastonati in una delle più buone crostate mai fatte.
Saranno state le uova di montagna, l'uso del burro di panna agra* (se lo trovate, prendetelo! In giro ho trovato il burro di Sepp della Mila oppure il burro Algunder), la farina di farro o forse proprio i lamponi, fatto sta che ne è uscita una meraviglia.
Per stare in tema di torte, vi ricordo che oggi a MIlano c'è la Festa del Vicinato, un'iniziativa organizzata dal Comune pensata per coinvolgere gli anziani negli spazi vicini alle loro abitazioni, nei cortili, nelle portinerie dei caseggiati popolari o nelle piazzette, dove poter tornare bambini in una grande merenda di quartiere. Se avete voglia, siete ancora in tempo per poter contribuire con una torta dolce o salata da condividere alla festa. Le mie non mancheranno!
Crostata con lamponi rossi e gialli e amaretti
200g farina di farro
2 tuorli
90g zucchero di canna
100g burro di panna agra
un pizzico di sale alla vaniglia
15 amaretti sbriciolati
lamponi qb
3 cucchiai di zucchero di canna
Lavorare velocemente insieme tutti gli ingredienti per la frolla (in una planetaria o in un cutter), stenderla tra due foglie di carta forno e disporla all'interno dello stampo. Metterla in freezer.
Nel frattempo accendere il forno a 180 gradi e preparare il ripieno.
Quando il forno avrà raggiunto la giusta temperatura, togliere la frolla dal freezer, distribuire gli amaretti sul fondo e adagiarvi sopra i lamponi. Terminare spargendo uniformemente i tre cucchiai di zucchero di canna rimasti.
Cuocere ad un piano medio-basso per 25 minuti circa.
A cinque minuti dalla fine, schiacciare leggermente con una forchetta i lamponi.
* Le prime produzioni di burro di panna agra avvennero sui pascoli e nelle fattorie. Poiché a quei tempi non esistevano le centrifughe, le cosi dette “zangole”, i casari facevano scremare il latte nei cosiddetti “Gäpsen” ottenendo in questo modo la panna a loro necessaria per la produzione del burro. Come si può facilmente immaginare a quei tempi non esistevano neppure i condizionatori d’aria e, in conseguenza a ciò, poteva capitare che durante l’affioramento la panna divenisse acida. I casari si accorsero, però, che il “burro acido” ottenuto aveva un aroma piacevole e, a mio avviso, molto più intenso. Come dire, sa molto più di burro.