martedì 12 febbraio 2013

La marmellata di arance dell'Artusi

marmellata arance artusi

Ci sono ricette che ti folgorano e ti acchiappano talmente forte che non c'è verso di scrollarsele di dosso. E' il caso di questa marmellata. Sarà perchè l'ha riproposta la mia amica Cibou o per il fascino centennale dell'Artusi, fatto sta che l'ho fatta e che mi è piaciuta da matti.
Il procedimento è semplicissimo e piuttosto veloce, insomma, ve la riporto con tutte la note e varianti del caso (una su tutte, ho dimezzato lo zucchero).


Conserva di aranci

(da La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi, 1891)

aranci, n. 12 (bio, per me Newhall)
un limone di giardino (bio)
zucchero bianco fine quanto è il peso degli aranci (per me la metà)
acqua, metà del peso degli aranci
rhum genuino, quattro cucchiaiate (omesso)

Con le punte di una forchetta bucate tutta la scorza degli aranci, poi teneteli in molle per tre giorni cambiando l'acqua sera e mattina (io ce li ho tenuti solo due giorni perchè a mio avviso in casa faceva troppo caldo e avevo paura si guastassero). Il quarto giorno (per me il terzo) tagliateli a metà ed ogni metà a filetti grossi mezzo centimetro circa, gettandone via i semi (non mi sono ammazzata nel taglio, ho tagliato un po' grossolano e ho dato una minipimerata in ultimo). Pesateli e solo allora regolatevi per lo zucchero e per l'acqua nelle proporzioni indicate. Metteteli al fuoco da prima colla sola acqua e dopo dieci minuti di bollitura aggiungete il limone tagliato come gli aranci. Subito dopo versate lo zucchero e rimestate continuamente finché il liquido non avrà ripreso il forte bollore, perché altrimenti lo zucchero precipita al fondo e potrebbe attaccarsi alla cazzaruola.
Per cogliere il punto della cottura (ma tenete conto per queste dosi circa un'ora e mezza), versatene a quando a quando qualche goccia su di un piatto, soffiateci sopra e se stenta a scorrere levatela subito. Aspettate che sia tiepida per aggiungere il rhum, e versatela nei vasi per custodirla come tutte le altre conserve di frutta, avvertendovi che questa ha il merito di possedere una virtù stomatica.
Del limone si può fare anche a meno.

mercoledì 6 febbraio 2013

Baicoli con lievito madre

baicoli e chiara

I baicoli possono essere considerati il grado zero dei biscotti. Sono una specialità veneziana consumata da sempre da chi va per mare, grazie al fatto che, alla luce della bis-cottatura, si mantengono molto a lungo. Mi piace pensarli come il corrispettivo nordico e dolce delle friselle tipiche dei pescatori del sud (per ulteriori informazioni e per una versione con lievito di birra, guardate qui).
In casa sono piaciuti tanto e un po' come le ferratelle qui sotto sono diventati parte integrante delle merende di Chiara.
Sono dei biscotti semplicissimi, non sono certo dei frollini, ma per chi ha dei nanetti con le mani lunghe in giro per casa sono delle alternative sane e ideali.
Questa volta Chiara, oltre a riproporsi come modella, mi ha aiutata anche nella preparazione, seguendo con attenzione la misura degli ingredienti e aiutandomi ad impastare con vigore.
Abbiamo seguito la plurigarantita ricetta delle sorelle Simili tratta dal loro ultimo libro "La buona cucina di casa". Tra parentesi le mie note.


Baicoli con lievito madre


350g lievito madre (rinfrescata dalla sera precedente)
350g farina di forza (per me Petra 5)
130g acqua
90g zucchero (di canna)
90g burro morbido (in verità ho usato 70g di burro salato e 20g di strutto)
1 cucchiaino di sale (non l'ho messo perchè ho usato il burro salato)

Con la farina fare una bella fontana.
Sciogliere bene al centro il lievito madre a pezzetti con l'acqua, aggiungere il burro, lo zucchero e il sale e lavorare bene insieme tutti gli ingredienti. Deve risultare un bell'impasto morbido.
Dividere l'impasto in 4 parti uguali e formare dei filoncini, sistemarli sulla teglia ricoperta da carta forno (io li ho disposti su due teglie diverse), lasciarli riposare 4/5 ore (5 ore mi sono servite tutte) in luogo riparato.
Cuocere in forno caldo a 200° per 10 minuti, non devono colorire troppo. Lasciarli freddare bene su una gratella poi metterli in un sacchetto di plastica per alimenti fino al giorno dopo (non l'ho fatto, ho aspettato solo 3 ore e poi sono passata alla biscottatura).
Tagliarli a fettine molto fini (il più sottile possibile), disporli sulla teglia del forno e farli tostare 8-10 minuti a 150/160° (a me sono stati sufficienti 4 minuti per lato a 140°). Devono appena dorare.
Quando freddi conservarli in una scatola di latta, durano a lungo.

baicoli

lunedì 4 febbraio 2013

Le ferratelle della nonna Kenna

ferratelle

Sembrano delle banalissime cialde eppure vi assicuro che, seppur nella loro assoluta semplicità (farina, uova, olio e zucchero) questi biscotti tipici dell'Abruzzo creano dipendenza.
Le ho scoperte grazie a mia suocera che mi ha regalato la piastra elettrica per farle e guidata passo passo nell'impasto. Appartengono alla famiglia delle gaufres francesi o dei wafels olandesi o waffles anglosassoni, ma hanno una consistenza molto più sottile e croccante che le distingue da tutti.
Il nome deriva loro proprio dal ferro su cui, una volta arroventato, venivano cotte un lato per volta. Ancora oggi in tanti le producono così, io mi sono accontentata della piastra elettrica che, tra i vari pregi, ha anche quello di cuocere entrambi i lati insieme.
Un tempo il ferro era parte integrante della dote nuziale delle spose e spesso recava inciso lo stemma della famiglia o le iniziali.


Ferratelle


400g di farina
5 uova
10 cucchiai di zucchero (200g circa)
10 cucchiai di olio extravergine di oliva
Un cucchiaino di cannella in polvere

Accendere la piastra apposita che deve essere ben calda.
Con una frusta, mescolare insieme tutti gli ingredienti, facendo attenzione a non formare dei grumi. Si otterrà un composto piuttosto sodo.
Distribuire un cucchiaio raso di impasto al centro della piastra e cuocere per circa un minuto e mezzo. Procedere fino a terminare l'impasto.
Conservare in scatole di latta e consumarle in purezza o ricoperte da un velo di marmellata.